Filosofia e Medicina: una lunga storia in comune...
   
  Filosofia e Medicina
  Introduzione a Filosofia e Medicina
 

      La nascita della Medicina
                  e   
        la ricerca delle cause 
    delle malattie e della morte

     




 Papiro egizio di contenuto medico, 
1500 a.C., circa

 

Dopo l’ottimismo sulla ricerca scientifica nato dal positivismo francese a metà dell’Ottocento, le riflessioni epistemologiche che si sono succedute hanno portato, nella seconda metà del 1900, a mutamenti profondi sia nell’idea di evidenza, che nel concetto stesso di verità scientifica.

  
                                      
Claude Bernard, il fondatore della Medicina sperimentale moderna



Come nella bella metafora di Dino Buzzati nel Deserto dei Tartari, il tempo accelera la sua percettività nelle diverse età della vita, fino ad assumere un andamento progressivo che permette di immaginare la propria esistenza come un percorso, un cammino tra un punto di partenza definibile, anche attraverso i racconti e la memoria di coloro che vi hanno assistito (ed è la nascita) e un punto di arrivo ineluttabile, una stazione ferroviaria a fermata obbligata, costituito dal termine della coscienza del proprio io. 

Dobbiamo presumere che questa percezione di finitezza, questa sensazione di itinerario nel mondo del reale, dovesse essere presente nell’immaginario e nella ideazione umana fin dalle epoche preistoriche e protostoriche. I dipinti sulle pareti delle caverne eseguiti dall’Uomo di Cro-Magnon e le sepolture rituali, con la presenza di più o meno ricchi corredi funerari, stanno a dimostrarci che la morte e la causa o le cause che l’avevano provocata, meritava un rito, una delimitazione della propria presenza, che permettesse di vincere l’angoscia generata dal dolore e dalla consapevolezza del distacco e del non ritorno. La nascita della Medicina non può che collocarsi in questo punto, non può che essere concepita come uno sforzo di prolungare i termini dell’esistenza, riducendo l’impatto del dolore sulla vita dell’individuo ed allontanando il momento dell’addio. 

Naturalmente la percezione di un’attività umana definibile come pratica medica non fu immediata. La scorciatoia per raggiungere un qualche risultato tangibile era presente e già attiva in altre situazioni e realtà che non fossero la malattia e la morte: si trattava del rito magico.

L’uomo primitivo poteva associarlo spesso ad un miglioramento della sua condizione esistenziale, quando lo utilizzava per propiziarsi una caccia fruttuosa o delle più favorevoli condizioni climatiche. La conoscenza empirica, basata sull’osservazione della Natura, sulla presenza di alcune piante o minerali capaci di influire sullo stato biologico e di influenzarlo favorevolmente fecero il resto, costituendo un bagaglio iniziale di nozioni ed esperienze, che permise per molti secoli a sciamani e stregoni di aiutare altri esseri umani a ridurre la sofferenza causata dalla malattia, attraverso l’uso di rimedi più o meno efficaci e della suggestione psicologica, accompagnata in certi casi a veri e propri stati di ipnosi e condizionamento.

La magia permetteva la mediazione con il mondo iperuranico del divino, permetteva di conciliare la presenza di dei più o meno benevoli che assistevano ed intervenivano nella vita degli uomini. La malattia costituiva un concetto nebuloso, un quid indefinito, perché non era possibile istituire un collegamento certo tra una causa ed un effetto, la malattia stessa, considerata come alterazione e cambiamento di uno stato di benessere biologico. Ammalarsi e morire potevano essere attribuiti ai più vari fenomeni naturali, come le  variazioni climatiche, oppure ad inferenze le più improbabili e stravaganti, come formule magiche, incontri con animali o persone dotati di fama negativa e così via.

Il concetto di causa si colloca quindi all’esordio stesso della pratica medica, come il fattore determinante di ogni direzione dell’agire. Si interviene per mutare una condizione di malattia dopo aver individuato la causa che la genera. L’individuo interagisce con l’ambiente che lo circonda attraverso i suoi sensi e riconosce in alcuni eventi particolari modalità che provocano e sono responsabili del mutamento del suo stato di benessere. Il rimedio a tale perturbamento di stato è la cura, la ricerca e l’applicazione alla realtà che si presenta davanti al “medico” di un fattore che bilanci od annulli la causa della patologia.

In questo senso anche una preghiera od un rito sono una terapia, anche la modalità di porsi del guaritore, il suo abbigliamento, la sua capacità di suggestionare l’essere umano malato con cui interagisce, la sua capacità di ascoltarlo e d’interpretare in modo corretto i suoi bisogni, rivestono un compito ed un’efficacia variabile a seconda dell’abilità del terapeuta stesso.

L’idea di fondo di queste pagine web è quella di costruire e costituire uno spazio di divulgazione e di confronto tra chi non si rassegna ad un’evoluzione puramente tecnocratica della Medicina. Ci si prefigge pertanto di diffondere il dibattito filosofico sui costituenti ed i motivi di fondo della Medicina stessa. Un dibattito aperto ai contributi interdisciplinari di chi vorrà arricchirlo con la sua esperienza e cultura anche in discipline scientifiche diverse da quella medica


Federico E. Perozziello, 2008


 
  hanno visitato queste pagine: 7841 visitatori (17188 hits)  
 
a cura di Federico E. Perozziello Questo sito web è stato creato gratuitamente con SitoWebFaidate.it. Vuoi anche tu un tuo sito web?
Accedi gratuitamente